Il Gruppo Operativo “ThermoBIO”, con capofila l’azienda agricola
“Moretto Farm” di Johnny Moretto, a Crocetta del Montello, Treviso
è questa la scommessa di due giovani imprenditori, Johnny Moretto e Andrea Zorzi, titolari, rispettivamente, delle aziende agricole “Moretto Farm” di Crocetta del Montello, in provincia di Treviso, e “Radici Azzurre” di Santa Giustina in Colle, Padova.
Obiettivo della loro sperimentazione è ottimizzare un sistema già esistente, quello del ThermoCompost, e farne il motore per riscaldare due nuovi impianti agricoli ad acquaponica.
Il progetto viene sviluppato all’interno del Gruppo Operativo “ThermoBIO”, grazie a fondi del PSR, e intende trovare una soluzione sostenibile, sia dal punto di vista economico sia ambientale, per coltivare in serra, appunto secondo il metodo dell’acquaponica, utilizzando cioè l’acqua e le sostanze derivanti dall’allevamento di pesci come fertilizzante, in una vasca collegata.
Grandi impianti di acquaponica sono già operativi da tempo negli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda. In Europa, la pratica sta riscuotendo interesse, eppure non esistono ancora grandi realtà produttive europee che la utilizzano a causa degli elevati costi di funzionamento.
Questo sistema è già oggi molto diffuso, specialmente nel Nord Europa, perché consente di fare agricoltura anche in condizioni in cui, normalmente, non si potrebbe. Ma implica anche un forte utilizzo di chimica e consumi idrici molto elevati», spiega Johnny Moretto.
«L'acquaponica, aggiungendo una vasca con i pesci all'idroponica, al contrario, prevede la totale eliminazione dei prodotti fitosanitari, che avvelenerebbero gli animali, e, grazie a un circuito chiuso, consente la depurazione e il riutilizzo dell’acqua, con perdite idriche limitate». I nutrienti per le piante non derivano dalla terra, in questo sistema. Le radici infatti sono immerse direttamente nell’acqua, dove trovano l’azoto e il fosforo di cui hanno bisogno.
È un ciclo in cui, a svolgere un ruolo fondamentale, sono i microrganismi che trasformano l’ammoniaca in nitriti e nitrati. Le piante, assorbendo i nitrati, oltre a nutrirsi e crescere, compiono anche un’importante azione depurante per l’acqua, che a quel punto può essere reimmessa nella vasca dei pesci. Ecco perché l’utilizzo idrico è limitato: una volta trovato il giusto equilibrio tra piante, acqua, microrganismi e pesci, il sistema funziona a ricircolo, senza necessità di fertilizzanti ed è escluso l’uso di antibiotici per gli animali, che provocherebbero scompensi per i vegetali.
«Parto come geometra: la ricerca mi appassiona ma ho bisogno anche di concretezza», dice Johnny. «Grazie alla Misura 16 del PSR c'è la possibilità di stabilire un ponte tra il mondo produttivo agricolo e quello della ricerca, sperimentando sistemi innovativi in un contesto imprenditoriale, dove la sostenibilità economica è una sfida fondamentale».
Il collega Andrea Zorzi in Ecuador aveva già sperimentato la coltivazione con l’acquaponica e i due hanno pensato di cercare il modo per rendere il sistema applicabile in Italia, a costi ridotti. Stimolati da quanto avevano letto e sentito sul ThermoCompost, si sono decisi a provare a realizzarlo.
«Abbiamo dedicato un anno alla progettazione, raccogliendo informazioni e lavorando sul dettaglio esecutivo. Ora siamo arrivati al momento più appassionante: si tratta di vedere se quello che abbiamo ideato, e in parte già sperimentato, può diventare operativo», dice Johnny.
C’è però un alone di mistero attorno alle esperienze di successo del ThermoCompost che i soci del Gruppo Operativo hanno cercato di analizzare, soprattutto cercando in rete e leggendo studi scientifici. «Quello che non viene spiegato con esattezza, è quale sia il mix vincente per produrre calore da cumuli di biomassa per un lungo periodo», specifica il giovane imprenditore e ricercatore.
«Abbiamo quindi dovuto fare diverse prove per trovare la giusta miscela di biomassa e capire in quali condizioni funziona davvero. La sostenibilità del nostro impianto ad acquaponica dipende strettamente da questo».
Mentre le prime due prove non hanno dato risultati soddisfacenti, alla terza il ThermoCompost è partito. «Il materiale utilizzato deve avere determinate caratteristiche, in particolare si tratta di ottenere il giusto equilibrio tra la presenza di carbonio e azoto. L’effetto deve essere simile a quello di una spugna bagnata e strizzata, con una struttura di pieni e vuoti».
due giovani imprenditori sono così giunti alla decisione di puntare sulla produzione di cereali da essiccare e confezionare per le zuppe, «Grazie alla ricerca delle parole chiave più frequenti su Google, abbiamo scoperto che il consumatore è molto interessato ad alimenti senza glutine, come appunto le zuppe. Stiamo quindi elaborando una strategia di marketing tarata su queste conoscenze.