Sta per concludersi il lavoro sul campo del progetto “Atlante dei modelli di business nel biologico del nordest”, voluto dalla Regione del Veneto e condotto dall’Agrifood Management and Innovation Lab del Dipartimento di Management, Università Ca’ Foscari di Venezia. Da settembre a oggi sono state intervistate 30 aziende appartenenti ai settori più vari dell’agrifood regionale, con particolare attenzione alla componente agricola.
Il progetto, finanziato nel quadro del Programma di sviluppo rurale 2014-2020, mira a mappare e analizzare i modelli di business di un campione di aziende del comparto biologico del nordest e a comprendere quali fattori consentono di posizionarsi con successo in questo ambito.
Le interviste realizzate hanno permesso di delineare un quadro articolato del mondo biologico, ricco di esperienze e di traiettorie di trasformazione sia delle strategie che delle logiche gestionali delle aziende del comparto. I casi analizzati appartengono a una molteplicità di filiere: 9 aziende del comparto ortofrutticolo, 7 del comparto zootecnico, 6 aziende del cerealicolo, 3 del vitivinicolo. Le rimanenti sono aziende non specializzate che comprendono, ad esempio, due realtà del comparto ittico e dell’apicoltura.
Testimonianze aziendali
La gestione delle relazioni con tutti gli operatori della filiera, il presidio strategico dei canali distributivi, la trasformazione digitale dell’azienda, la crescente consapevolezza del ruolo della comunicazione per “formare” e avvicinare il consumatore finale al biologico: questi solo alcuni dei temi emersi dalle interviste svolte che stanno ponendo le basi per le analisi e l’individuazione di modelli strategici del biologico in Veneto.
Luovo delle Dolomiti
“Nel momento in cui tu ti posizioni sul mercato con un uovo biologico diverso dalla massa e ti posizioni sul mercato in un certo modo, perché fai le cose in un certo modo e non puoi avere i prezzi degli altri, chi ti va a cercare poi quando ti ho assaggiato difficilmente ti lascia da parte” – racconta Giacomo Antonini di Luovo delle Dolomiti, imprenditore bellunese che produce da 5 anni uova biologiche nel massimo rispetto del benessere dell’animale e seguendo la filosofia delle 5H. “Quindi il mercato ti riconosce quel premio di prezzo. Se poi lo si spiega, i consumatori capiscono che strutturare un’azienda biologica come la nostra implica costi elevati.” Dall’intervista dell’azienda del comparto zootecnico emerge come l’azienda sia riuscita a trasferire il valore aggiunto della propria produzione biologica al consumatore fidelizzandolo attraverso le caratteristiche uniche del proprio prodotto e indirettamente “educando” il consumatore alla cultura bio.
Quirina, aglio bio (RO)
Simili al caso de Luovo delle Dolomiti, nel campione, sono emerse molte esperienze innovative e particolarmente ispiranti per futuri imprenditori biologici. È il caso di Quirina di Carlo Salvan, piccola realtà di Rovigo che produce aglio biologico IGP, un esempio di nuova generazione di imprenditori agricoli che arricchito di una precedente e diversa esperienza di vita è stato capace di diversificare il proprio business all’interno di una realtà territoriale molto tradizionale. “Noi imprenditori agricoli pensiamo che sia la superficie a fare la differenza mentre io penso che sia a farla la PLV per ettaro. Memore di quel principio che mi sono dato come imprenditore quando sono partito con la consapevolezza che avevo poca terra a disposizione per competere con dei colossi. Quindi ho provato a fare qualcosa che nessuno fa e di dare valore a quel poco che ho. Una possibilità che le aziende agricole hanno oggi sia soprattutto di differenziare e non restare ferme”. Il suo approccio innovativo gli ha permesso di raggiungere risultati rilevanti in pochi anni e un’elevata marginalità per ettaro posizionandosi su una fascia premium del mercato.
Il riso Martin Gazzani (PD)
Il progetto ha messo in luce anche molti casi di imprenditorialità agricola femminile. Come il caso di Roberta Martin, produttrice del marchio di Riso Martin Gazzani che ormai da vent’anni, dopo una laurea e un’esperienza in farmacia, ha deciso di intraprendere da sola la strada dell’agricoltura.
“Nel 2000 ho deciso da sola, ho studiato, programmato.” – afferma Roberta. L’imprenditrice ha da sempre adottato un approccio di costante sperimentazione delle colture a cui collabora con professori ed enti di ricerca per testare nuove metodologie di coltivazione più resistenti, sostenibili ed ecologiche. “Adesso sto facendo sperimentazioni e le ho condivise con l’Ente Risi per avere approcci innovativi. Attraverso l’esperienza di molti agronomi sto sperimentando coltivazioni a semina mista per un miglioramento genetico, per rafforzare le specie ed evitare le malattie fungine”.
I prossimi passi
La ricerca si concretizzerà nei prossimi mesi in un report che metterà a sistema le esperienze delle trenta aziende intervistate. Dal racconto e dall’analisi dei casi, il team di ricerca trarrà indicazioni e spunti utili alla evoluzione delle misure di supporto al comparto bio nel quadro delle politiche di sviluppo rurale e della nuova Politica agricola comune 2023-2027.
Lista aziende intervistate
Sgambaro Spa
Kiwiny Srl
Azienda Agricola Quirina di Salvan Carlo
Azienda Agricola Le Carline di Daniele Piccinin
Agricola Grains Spa
El Tamiso Società Cooperativa Agricola
Lattebusche Latteria della Vallata Feltrina S.C.A.
Perlage Srl
Cereal Docks Group
L’insalata dell’orto
Ortoromi
Spumanti Valdo
Società Agricole Fiore delle Dolomiti S.S.
Latteria Soligo Società Agricola Cooperativa
Francesco Barduca Srl
Società agricola Bepi Bordignon
Juvenilia Società Agricola
Azienda Agricola La Decima
Chiesura Corona Valentina (Le terre del fiume)
Albio Srl
Paolo Casarotti
Azienda agricola Martin Gazzani di Roberta Martin
Consorzio Scardovari delle Cooperative Pescatori del Polesine
Apicoltura Nonna Giovannina di Lorusso Andrea
Brio SPA
Bortolin Remo, Giovanni e Mario S.S.
Malocco Vittorio e Figli Spa
La fattoria alle Origini
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